INTERVISTA A MARIANO 'CHICHO' FRUMBOLI - Parigi 30 giugno 2007
INTERVISTA A MARIANO 'CHICHO' FRUMBOLI
Parigi 30 giugno 2007
(FONTE: http://www.medialuna-tango.it/medialuna/artistiCurriculum/chicoFrumboli/chicoFrumboli.htm)
Susy:
Chicho Mariano Frumboli, che cosa pensi del ‘Tango Nuevo’? Tutti in  Italia in generale pensano che tu sia il rappresentante principale di  questo tipo di tango.
Chicho:
Beh, a dire il vero, so che si  pensa questo, e credo che per molti io sia venuto dal nulla con questo  tipo di tango, mentre invece c’è stato molto prima di questo, cioè io  ballo da tredici anni, non è tantissimo per una carriera tanguera, però  allo stesso tempo lo è, è molto tempo, se si pensa che in soli dieci  anni, più o meno, il tango è cambiato tantissimo, tantissimo, a causa  dell’arrivo, beh, l’arrivo non proprio perché c’era già da parecchio, di  Gustavo Naveira, ed in seguito il connubio di Gustavo Naveira e Fabián  Salas, a cui poi mi sono aggiunto anch’io, e lì è dove io più ho appreso  ciò che viene definito come tango danza, diciamo a livello strutturale  più che nel modo in cui si imparava e si insegnava allora un tango più  coreografico. Io imparai moltissimo dall’improvvisazione, e credo che  ciò sia dovuto anche ad una generazione. Entrai nel tango, io ch e vengo  da un mondo legato al teatro, alla musica soprattutto, dove non ci sono  molte strutture, poichè si tratta di arte, musica e teatro sono arte,  ed io trovai per così dire nel tango un settore artistico, o meglio, non  artistico, diciamo che in realtà vedevo il tango come un’arte. Per cui a  partire dall’insegnamento che mi dato colui che considero il mio grande  maestro, che sempre mi insegna qualcosa quando lo vedo e quando mi  parla, Gustavo Naveira, tutto ciò che lui mi ha trasmesso mi ha aperto  una gran quantità di percorsi, mi ha fatto intravedere nel tango un  settore illimitato, riguardo alla struttura che stavo apprendendo,  poiché non è che posi fine alle strutture, non ero certo impazzito, ma  semplicemente assorbii quegli insegnamenti e li applicai ai miei propri  sentimenti, poiché io volevo ballare e sentirmi libero ballando, e i  movimenti che stavo imparando da loro, da Gustavo, da Fabián, mi diedero  quella libertà che stavo cercando. Quindi, forse, l’evoluzione comincia  in quel momento, nel momento in cui uno si sente libero in un ballo a  due come il tango, con questa musica tanto particolare e che prima era  tanto strutturata, tanto chiusa, senza…in realtà era molto limitata. Per  cui capisco benissimo che la nuova generazione possa vedere [questo  referente] in me, e non solo, ci sono infatti vari maestri come  Sebastian Arce e Mariana, Fabián stesso, beh, non sono tantissimi, però  ci sono anche Damian e Celine, ecco, tutti sono esempio di una nuova  generazione: ad esempio Sebastian ha dieci anni meno di me, io ho dieci  anni meno di Gustavo, a quanto pare la questione va di dieci anni in  dieci anni, e tutta questa nuova generazione di maestri fa sì che il  tango si evoluzioni. In verità l’evoluzione è in corso da molto tempo e  oggigiorno è solo più evidente, ma si può dire che sia cominciata negli  anni ottanta, quando Gustavo iniziò a investigare in questa direzione.  Io non ho fatto altro che seguire quel cammino, seguire quegli  insegnamenti e cercare di sentirmi libero ballando con tutto quello che i  miei maestri mi hanno dato. L’unica cosa che però, non che vi sia  contrario, ma che a volte non condivido, è il fatto che molti ad esempio  iniziano a ballare il tango oggi o hanno iniziato quattro anni fa, e  che hanno perso o si perdono la grande storia che il tango ha come  danza. Ad esempio io fatto un’evoluzione o faccio una evoluzione del  tango partendo però dalla conoscenza del tango reale, non è che ho  imparato due colgadas e due volcadas e poi sono andato a ballare il  tango, voglio dire che le volcadas e le colgadas è vero che le abbiamo  create noi, ma sono state giustamente il risultato di una ricerca  profondissima, che fa parte della nostra necessità di creazione costante  in questa danza, cioè non siamo andati semplicemente a ballare ma c’è  tutto uno studio, un metodo, c’è un lavoro molto profondo ed intenso  dietro a ciò che oggi si può vedere. E’ per questo che io posso capire  che mi vedono come uno dei referenti di ciò che va di moda come ‘tango  nuevo’, anche se devo dire a proposito che io ballo da tanto ed ogni  volta che vado a ballare penso che sto ballando il tango, nuovo o  vecchio che sia, per me non c’è differenza, credo sia solo una questione  commerciale, poiché il tango è sempre nuovo e sempre lo sarà, poiché  ogni due anni, ogni tre, ogni cinque, il tango cambia e si evoluziona e  sarà sempre nuovo, e sinceramente spero che continui ad essere nuovo, la  prossima generazione presenterà cose ancora più strane e più libere, ed  è proprio questo il cammino che noi come maestri, Gustavo, Fabián, io, e  immagino anche Sebastian o Damian, vogliamo che si segua, vale a dire  il cammino della libertà di questo ballo, ma senza perderne l’essenza.  Ritengo anche che in tutto questo tango moderno che va di moda si perda  un po’ l’essenza, e questo mi rende a volte un po’ triste, perché è un  mondo incredibilmente ricco, riguardo alla musica, alla connessione con  chi si balla, alla connessione con gli altri ballerini in pista,  l’ambiente: per me una milonga è un evento culturale molto importante,  per cui mi rende triste che si perdano, non tanto i codici, perché  concordo sul fatto che i codici sono cambiati, è ovvio, siamo nel 2007  ed i codici non possono più essere gli stessi degli anni ’50, però mi  piacerebbe che ci fosse un po’ più di rispetto verso questo ballo. C’è  chi impara a ballare in un mese e già balla, e già insegna e fa le  esibizioni o fa delle dimostrazioni o lavora in uno spettacolo o in una  casa di tango. Io, ad esempio, quando ho imparato a ballare, per sette  mesi andavo all’Almagro, una milonga a Buenos Aires che ha chiuso circa  sette anni fa, la domenica solamente, e per quei sette mesi restavo  seduto a guardare la gente ballare perché non mi sentivo né avevo il  coraggio di entrare in pista e ballare e condividere quello che mi  appariva come una sfera di energia che tutti ballavano ed io non potevo  entrare in quel cerchio, non mi permettevo perché non mi sentivo ancora  preparato. Oggi chiunque impari una volcada e una sacada già balla tango  e così si perde il vuoto senz’anima, e per me è come se non fosse  tango. Io posso ballare il tango nuevo o tango evoluzionato, per così  dire, però partendo da una radice o una base che è il tango stesso.  Questa è la mia opinione.
Susy:
Che differenza trovi fra il tango in Argentina ed il tango in Europa?
Chicho:
Mi chiedono spesso qual è la differenza fra il tango in Argentina e il  tango in Europa. Io non dirò che trovo una differenza, perché se mi  metto a contare le differenze sono tantissime, perché stiamo parlando di  una cultura completamente diversa. Io non posso paragonare il tango in  Germania col tango in Argentina, non posso paragonare il tango in  Norvegia col tango in Argentina. Lo posso paragonare invece con  l’Italia, ad esempio, perché in Argentina siamo tutti italiani! Posso  dire chein Italia c’è un’anima tanguera un po’ più profonda che in  qualsiasi altra parte d’Europa, questo lo posso affermare. Ad esempio,  se io entro in una milonga in Italia, sento che sto entrando in una  ‘milonga’, c’è come un ambiente di milonga, mentre in altre parti c’è un  po’ un’aria da ballo sociale, è una cosa un po’ più effimera, un po’  più fredda, non c’è tanta produzione, non c’è quella cosa dell’uomo e  della donna; si va a ballare, si fanno alcuni passi, ci si diverte, e  poi magari si beve qualcosa. Il tango è una cosa molto più profonda, è  un’avvicinamento profondo fra un uomo e una donna che non si conoscono o  che si conoscono, è un momento forte che passa nella persona. Non posso  comparare, né voglio giudicare, le culture. Cioè, non posso dire che in  Norvegia o Germania o Danimarca o Slovenia non ballano tango. Ballano  tango, ci sono anche persone che lo ballano molto bene, però credo che  abbiano ancora bisogno di un po’di tempo per incontrare l’anima del  tango, e non la incontreranno pensando che l’anima del tango sta a  Buenos Aires, cioè il tango a Buenos Aires ha la sua anima, ma secondo  me ogni paese, ogni cultura ha la sua propria anima: un norvegese  dovrebbe cercare il tango, il suo tango norvegese, nella sua cultura, in  Norvegia, così come un tedesco, uno spagnolo, cioè ognuno deve trovare  il suo tango nella propria cultura. Il tango ha a che vedere con una  questione molto profonda di emozioni, per cui noi in Argentina siamo in  un terzo mondo, e passare all’Europa, in un primo mondo, dove le persone  sono soffocate da altri interessi legati al lavoro, alla cibernetica e  tutto il resto, e non sono rustiche come a Buenos Aires, ecco questo non  consente loro di vivere veramente le proprie emozioni. Secondo me  riuscire a vivere le proprie emozioni in qualsiasi paese del mondo  significa entrare un po’ nel tango di ciascuno. Se si riesce a fare  questo, a poter entrare dentro se stessi, allora si può trovare un tango  veramente profondo, senza cercare nel movimento, i passi, ma trovare  sul serio la profondità emozionale che ciascuno sente con la propria  cultura. Io credo che si tratti solo di questo.
 
 
 
          
      
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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