TANGO SALÓN: eleganza e ritmo

(Fonte: http://www.tangoquerido.com/lasalidabasica.htm)
TANGO SALÓN: eleganza e ritmo

È il tango per eccellenza. È lo stile che contiene le chiavi del tango degli anni '40: eleganza e ritmo. È il tango di questa epoca d'oro nella sua espressione più pura. Appoggiare bene i piedi, mantenere un buon abbraccio, sospendere il ballo con pause. Camminare... camminare con abbondanza di combinazioni sottili, ma molto esigenti nel dettaglio.
I migliori ballerini di salón di Buenos Aires si incontrano, come una volta, nel quartiere Villa Urquiza e nei dintorni (Saavedra, Villa del Parque, La Siberia, Devoto). Attualmente nei club Sunderland, Sin rumbo, Akarense, Platence, Pinocho, Estudiantes del Norte. Negli anni '50 il tango de salón subì una modifica singolare, per molti una "involuzione". Nelle caffetterie del centro di Buenos Aires, piccole e gremite, nacque uno stile fatto di piccoli passi, spostamenti brevi circolari, piccoli avanzamenti e retrocessioni, e un abbraccio ben stretto, influenzato anche dall'arrivo del bolero negli anni '60. Un modo particolare di seguire il ritmo, con accelerazioni quasi automatiche, non molto lontano dal modo di ballare lo swing, ma senza le sue figure. Questo stile, inizialmente detto "cortito" o, spregiativamente, "de confiteria", è oggi conosciuto come "milonguero", o "almagro", dal nome di un famoso club, il più frequentato dagli appassionati di questo stile (anche se il club Almagro degli anni '50 e '60 non è lo stesso che conosciamo oggi). È uno stile gradevole, meno complesso ma molto ritmico. Si balla nel centro di Buenos Aires, nelle sale Regin, Viejo Correo, Hotel Savoy, Confitería Volver, Confitería La Ideal e soprattutto nel già menzionato Almagro.(*)

TANGO FANTASIA: l'immaginazione ha le sue regole

La creatività dei ballerini ha dato vita ad un universo di "figure": per quanto complesse, esse si sottomettono alle regole dell'improvvisazione, ma quasi mai vengono eseguite nel salón perché in una sala affollata intralcerebbero il ballo.
È questo tipo di stile che i milongueros e i ballerini chiamano "tango fantasia" legato alle esibizioni e agli spettacoli. Non tutto ciò che si vede sul palcoscenico è tango-fantasia, specialmente quando ci si allontana troppo dalla relazione che la fantasia conserva gelosamente con il tango de salòn - poiché le regole sono le stesse. Quando si abbandonano queste regole o le figure diventano visibilmente impossibili da improvvisare il tango diventa tango-danza, da spettacolo, anche se i limiti non sono molto chiari. Per alcuni milongueros, i più anziani, tutti i passi che superano un mezzo giro fanno parte del tango fantasia. Il tango fantasia sarà comunque migliore quanto più solide sono le basi di salón del danzatore.
Uno dei grandi creatori in questo stile è stato Antonio Todaro, ballerino e maestro di ballerini soprattutto dell'ultima generazione. Anche se - come dicono i vecchi milongueros per descrivere il livello mai più raggiunto del ballo - «una volta, in ogni quartiere, in ogni club, ce n'erano cento di Antonio Todaro...» (*)
(*) da Stili di tango, di Esteban Moreno e Claudia Codega).

Intervista a Carlos Gavito en Pergamino 2004 e breve racconto di Marianna Menzione

Intervista imperdibile e preziosa a CARLOS GAVITO:
[...]el tango es lo mas bonito que existe por la liberta' que tiene[...]yo vivo mi vida y mi epoca[...]el abrazo, hay que lo tomarlo como lo que realmente es: es calor umano que necesitamos cadauno de nos otros[...]
http://www.youtube.com/watch?v=cZQEPQv17G0
http://www.youtube.com/watch?v=bBT6myCLnKM
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Inoltre:   http://www.mariannatango.com/gavito.html
[...]
l'abbiamo visto trattare una schiera di vecchi milongueri, tutti allineati in fila dietro di lui, come dei ragazzini imberbi e mollaccioni. Li ha tenuti più di un'ora a provare a "Pararse" a cercare "l'attitudine" nel porsi di fronte alla donna. L'abbiamo sentito dire a tutti questi milongueri ultra 50enni: "Ma chi porta in casa vostra i pantaloni, voi o vostra moglie?!!". Carlos non aveva mezze misure, non aveva tempo per le mezze misure, non si risparmiava mai. Anche dopo la chemioterapia veniva in classe, e da seduto, visto che non riusciva ad alzarsi, seguiva e dirigeva comunque le lezioni, dava lezioni di forza, pretendeva passione ed espressione della passione nel ballo. Gli piaceva ripetere sempre: "Qui non si imparano i passi, per quello andate da un'altra parte. Qui si impara il tango!!"
Ripensandoci oggi è stata veramente dura, soprattutto per Simone - ballerino da trent'anni, ha dovuto rimettere in discussione tutto. Imparando una nuova tecnica e soprattutto mettendosi a nudo, imparando a mettere l'anima e il cuore nel ballo prima ancora dei piedi. E anche per la nostra coppia è stato un bel banco di prova. Il tango non lascia scampo, tutte le nostre maschere sono cadute una dopo l'altra come foglie secche e la nostra essenza si è mostrata all'improvviso senza pietà a noi stessi e all'altro.
[...]

Intervista a Mariano Chicho Frumboli, il tango, oggi - 2009

Intervista a Mariano Chicho Frumboli, il tango, oggi

(FONTE:
http://controtango.blogspot.com/2009/12/intervista-mariano-chicho-frumboli-il.html)

Pubblicato da Controtango : Lunedì, dicembre 28, 2009

Intervista

Mariano Chicho Frumboli è un'icona del nuovo movimento del ballo del tango, che ha rivoluzionato il genere partendo dalle basi del tango tradizionale.

Essenza ed insegnamento

M: Mi piacerebbe parlare con te dell'apporto che noi ballerini e maestri possiamo dare con la nostra esperienza a coloro che stanno imparando a ballare il tango.

CH: Ogni volta che andiamo in milonga a fare un'esibizione o realizzare uno spettacolo scriviamo la storia del tango, e questo è un contributo. Si sono avvicinati al tango tantissimi giovani, stiamo vivendo l'inizio di un'era potente. Il genere è ben consolidato e non c'è modo che ritorni a nascondersi o a essere emarginato. È in costante evoluzione.

M: Però a volte chi sta iniziando si perde nella molteplicità delle opzioni.

CH: Sono completamente persi! Io mi sono formato con gli ultimi grandi milongueri, ho appreso le informazioni direttamente da loro. Chi inizia a ballare non ha quella esperienza, ma apprende da una generazione intermedia di cui faccio parte, noi siamo il nesso di congiunzione tra quei vecchi ballerini ed i più giovani. Il problema è che qualcosa si è perso nell'insegnamento, me ne faccio carico, e altresì dovrebbero prendersi le proprie responsabilità gli altri colleghi. Non ho potuto trasmettere quello che ho appreso. Ero perso nella creazione, perchè vedevo nuove vie nell'evoluzione del movimento. Mi ci sono gettato a capofitto, e ho perso il modo di poter trasmettere ciò che di tanguero tengo dentro. Per questo mi dispiace che attualmente ci sia molta gente che non capisce o non sa qual'è realmente l'essenza di questa danza.

M: Balli da quindici anni. Che cambiamenti hai osservato nel divenire del ballo?

CH: Prima si lavorava con precisione e un'estetica particolare, in maniera funzionale e meccanica, che dava una forma, uno stile. Effettuare un movimento o un passo implicava un'espressione di tutto il corpo. Adesso non solo si è persa l'essenza ma anche il peso che ha questa danza, la sua densità e la sua importanza. Per me questo nuovo tango ha perduto il rispetto verso quello che era il tango nella sua vera essenza.

M: Si è persa la conoscenza che ci hanno trasmesso i milongueri in forma intuitiva, un sapore indescrivibile nel loro modo di muoversi.

CH: Sì, io ho atteso cinque mesi prima di entrare in pista nella milonga di Almagro, non me la sentivo, andavo tutte le domeniche solo per guardare. Si respirava un'aria di rispetto che al giorno d'oggi non si riesce a trovare. Forse ancora lo sento in alcune milonghe come "Glorias Argentinas", "La Baldosa" o in luoghi che sono lontani dal circuito del tango più giovane. Quella essenza l'ho appresa pure da te e dai ballerini della tua generazione. Sento che la gente di oggi è svogliata, non vuole lavorare nè investigare il tango. Non vogliono addentrarsi fino in fondo, rimangono in superficie. Questo ha pure a che vedere con i nuovi movimenti e le nuove dinamiche che si utilizzano, se non si ottengono con una certa potenza possono risultar freddi.

M: Il discorso interno, nel movimento, è importante quanto la forma esterna.

CH: Dieci anni fa, quando andavo in milonga, potevo restarmente ad ammirare una coppia ballare per tutto un giro di pista perchè c'era qualcosa che mi attraeva, che mi faceva mantenere lo sguardo su di loro. Oggi non osservo più di venti secondi perchè sono tutti uguali. Vedi circolare una coppia e ti accorgi che quella che vien dopo sta facendo le stesse cose, e quella dopo lo stesso. Non ce n'è nessuna che mi attragga, che mi emozioni. Salvo quando vado in quei pochi luoghi tradizionali che rimangono.

M: Credi che la gente che balla automaticamente o ripetendo sequenze possa farlo in una maniera più interiore?

CH: Questo richiede un mucchio di cose! Tu lo sai, perchè anche tu insegni, che al giorno d'oggi vi è una pedagogia del ballo del tango molto più decodificata che dieci anni fa, e di conseguenza è più facile apprendere. Oggi si fa una volcada e una colgada ed è tutto lo stesso, perchè commercialmente parlando fanno parte dello stesso pacchetto. Quindi, tra fare un sandwichito o fare una volcada... le persone fanno una volcada! Perchè è più vistosa. E nel tango c'è molto egocentrismo e individualismo. Non vanno a fare un sandwichito per godere di quel momento, bensì vanno a fare ciò che si mostri di più e in maniera migliore. Nell'ambito musicale Astor Piazzolla ruppe con tutto, però se voi lo ascoltate è tango. Oggi nel tango ballato molti pensano di essere Piazzolla e non lo sono. Vedo uomini e donne che si preoccupano soltanto di come li si veda dal di fuori. È una situazione abbastanza complicata che ha a che fare con una personalità e una identificazione molto porteña.

M: Però anche i milongueri di altre epoche erano porteñi!

CH: Sì, però quei milongueri avevano rispetto, delicatezza e sensibilità, era totalmente differente. So che il mio ruolo è contraddittorio, perchè anch'io ho collaborato a creare questo movimento giovane. A quel tempo mi ero stancato dei rigidi codici milongueri che non corrispondevano coi miei tempi e per ribellione cercai di fare la mia strada. Oggi son ritornato più milonguero (ride), sono contro la gente che non cabecea, che non ha codici nè rispetto. Il ballo del tango ha un valore che si è dissipato. Per questo sostengo che molti si sono persi, letteralmente si afferrano per ballare e si muovono per due ore come entità. È molto triste.

M: A volte noto una certa rivalità tra le nuove correnti che privilegiano movimenti più ampi, dove i ballerini usano più spazio, e coloro che difendono il tango tradizionale con l'abbraccio chiuso.

CH: Questo è sorprendente. Ci sono i tradizionalisti che difendono fino alla morte le loro radici e dall'altro lato i moderni o alternativi, diciamo il tango nuevo. Però se ci pensi non c'è niente nel mezzo. I tradizionalisti si lamentano dei moderni sostenendo che non ballano tango ma fanno ginnastica, i moderni si lamentano che i primi si sono fermati nel tempo. Non c'è una fusione, sono un gruppo contro l'altro, e mi rende triste perchè in realtà stiamo tutti sulla stessa barca.

M: Hai qualche desiderio in relazione al tango? Qualche obiettivo pendente?

CH: Ti racconto un po' della mia storia. Sono stato un rockettaro, portavo i capelli lunghi e suonavo la batteria. Odiavo il tango, non mi piaceva per niente, non lo potevo ascoltare. Però, quando mi capitò di frequentare una lezione con Ricardo Barrios e Victoria Vieyra, abbracciai per la prima volta una compagna di ballo e mi venne un brivido. Mi dissi "Qui succede qualcosa...". Da lì non mi sono più fermato. Quel momento magico fu il mio inizio. Poi, alcuni anni fa andai alla milonga de "La Trastienda" organizzata da Horacio Godoy. Entrai e ti vidi. Avevo voglia di ballare con te però tentennavo. Feci un mucchio di giri primi di invitarti. Mi ricordo che stavamo parlando, poi ci avvicinammo e nel momento in cui mi abbracciasti mi sentii addosso quarant'anni di tango. In un abbraccio, capisci? Non avevamo fatto un solo passo! Fu semplicemente il modo in cui mi stringesti. Per me fu quello il momento più forte della tanda. Poi ballamo un casino. Stetti benissimo, facemmo qualcosa, mi divertii tantissimo. Ma il momento di quell'abbraccio, come pure quello della mia prima lezione e qualcun altro, mi marcarono nella mia relazione con il ballo. Parlo dell'intimità dell'abbraccio. Con poche persone mi è capitato di riviverlo, molto di ciò si è perso. Il mio desiderio per il ballo del tango, quindi, è che ritorni quella intensità condivisa, molto interiormente. Che non resti in superficie, ma che vada fin dentro. Che il genere si sviluppi a partire da quella intimità. L'essenza del tango sono l'abbraccio e l'altra persona.

M: Che posso dire? Grazie!

Improvvisazione e musica

M: Sei un grande improvvisatore e mi affascina vederti creare. Si possono trasmettere regole per migliorare la creatività nell'esibizione improvvisata?

CH: Forse se fossi un "kamikaze". Ciò che mi provoca sensazioni o emozioni mi fa muovere. Ogni tango è un momento differente e forte. Ho disegnato coreografie, non molte perchè dopo averle ripetute alcune volte non ci sento più il rischio, e quando non lo sento tutto diventa troppo facile. Ciò che mi emoziona è stare sul filo, sul punto di cadere, e infine cavarmela. E la improvvisazione ha tutto ciò. Ogni volta che vado a ballare, scelgo il brano e la quantità di pezzi sul momento. Cerco di connettermi con Juana Sepulveda, la mia compagna, e di creare un momento artistico, di trasmissione o espressione, in quel momento. Non lo preparo nè lo penso. A volte mi riesce altre volte no.

M: Non hai un disegno o un piano prestabilito?

CH: No, non l'ho mai fatto. Faccio qualche passo che ho sperimentato in milonga, che è il mio luogo di pratica. Se non mi riesce continuo, non insisto, perchè potrei perdere la connessione che ho con me stesso, con la mia compagna e con la gente. Ho ballato con orchestre di grande prestigio, in teatri di tutto il mondo, senza aver preparato coreografie. A seconda delle circostanze forse preparo entrata e uscita, però il ballo in sè no.

M: A volte quando ti vedo ballare mi sembra che la struttura della tua danza sia costituita dalla sua armonia e dalla musicalità.

CH: Ciò ha a che vedere con il fatto che ho fatto il musicista per molti anni, per quello capisco la sua struttura, che sia Osvaldo Pugliese, Anibal Troilo, Piazzolla o tango elettronico. L'unica cosa che stabilisco prima è la scelta dei brani che conosco bene, per poter giocare con momenti precisi. Provo sempre a dare ciò che sento che ci dovrebbe andare.

M: Ma tutto questo succede sul momento?! A volte fai una sequenza che ha una certa durata, che è fatta in maniera così coincidente con la frase musicale, e nel frattempo stai creando, e conducendo la tua compagna...

CH: Conosco quella frase e so quanto dura, so quando deve terminare, e vado a preparare il movimento mentre ballo, affinchè coincida precisamente con la musica.

M: Quindi conoscere la struttura musicale è importante.

CH: È basilare. Molti ballerini professionisti conoscono il tango però non in profondità. Ci dovrebbe essere una investigazione maggiore del fatto musicale. Non mi riferisco ai ritmi, alle frasi o alla durata, ma alla struttura, alle sfumature e ai colori. C'è molta ricchezza da apprendere in relazione alla musica. È infinita!

M: Inoltre, la cosa interessante è che la interpretazione musicale non sia letterale. Tu hai una impronta e molta gente segue la tua forma di maneggiare la musica, però vedo una mancanza di comprensione. Non si tratta di marcare tutti gli accenti! (ride) La meraviglia del ballo del tango è la possibilità di usare la musica in maniera aleatoria e personale. Come vedi la nuova corrente in relazione al ballo da esibizione?

CH: Ci sono tanti professionisti che hanno recepito questa nuova informazione e vogliono inserirla nelle loro coreografie. Ma è un materiale che ancora non è affinato, necessita di un tempo di maturazione prima che si consolidi e possa essere utilizzato come elemento di espressione.

M: I passi si vedono ancora più dell'espressione fluida.

CH: Credo sia solo questione di concedergli del tempo.

INTERVISTA A MARIANO 'CHICHO' FRUMBOLI - Parigi 30 giugno 2007

INTERVISTA A MARIANO 'CHICHO' FRUMBOLI
Parigi 30 giugno 2007

(FONTE: http://www.medialuna-tango.it/medialuna/artistiCurriculum/chicoFrumboli/chicoFrumboli.htm)

Susy:
Chicho Mariano Frumboli, che cosa pensi del ‘Tango Nuevo’? Tutti in Italia in generale pensano che tu sia il rappresentante principale di questo tipo di tango.
Chicho:
Beh, a dire il vero, so che si pensa questo, e credo che per molti io sia venuto dal nulla con questo tipo di tango, mentre invece c’è stato molto prima di questo, cioè io ballo da tredici anni, non è tantissimo per una carriera tanguera, però allo stesso tempo lo è, è molto tempo, se si pensa che in soli dieci anni, più o meno, il tango è cambiato tantissimo, tantissimo, a causa dell’arrivo, beh, l’arrivo non proprio perché c’era già da parecchio, di Gustavo Naveira, ed in seguito il connubio di Gustavo Naveira e Fabián Salas, a cui poi mi sono aggiunto anch’io, e lì è dove io più ho appreso ciò che viene definito come tango danza, diciamo a livello strutturale più che nel modo in cui si imparava e si insegnava allora un tango più coreografico. Io imparai moltissimo dall’improvvisazione, e credo che ciò sia dovuto anche ad una generazione. Entrai nel tango, io ch e vengo da un mondo legato al teatro, alla musica soprattutto, dove non ci sono molte strutture, poichè si tratta di arte, musica e teatro sono arte, ed io trovai per così dire nel tango un settore artistico, o meglio, non artistico, diciamo che in realtà vedevo il tango come un’arte. Per cui a partire dall’insegnamento che mi dato colui che considero il mio grande maestro, che sempre mi insegna qualcosa quando lo vedo e quando mi parla, Gustavo Naveira, tutto ciò che lui mi ha trasmesso mi ha aperto una gran quantità di percorsi, mi ha fatto intravedere nel tango un settore illimitato, riguardo alla struttura che stavo apprendendo, poiché non è che posi fine alle strutture, non ero certo impazzito, ma semplicemente assorbii quegli insegnamenti e li applicai ai miei propri sentimenti, poiché io volevo ballare e sentirmi libero ballando, e i movimenti che stavo imparando da loro, da Gustavo, da Fabián, mi diedero quella libertà che stavo cercando. Quindi, forse, l’evoluzione comincia in quel momento, nel momento in cui uno si sente libero in un ballo a due come il tango, con questa musica tanto particolare e che prima era tanto strutturata, tanto chiusa, senza…in realtà era molto limitata. Per cui capisco benissimo che la nuova generazione possa vedere [questo referente] in me, e non solo, ci sono infatti vari maestri come Sebastian Arce e Mariana, Fabián stesso, beh, non sono tantissimi, però ci sono anche Damian e Celine, ecco, tutti sono esempio di una nuova generazione: ad esempio Sebastian ha dieci anni meno di me, io ho dieci anni meno di Gustavo, a quanto pare la questione va di dieci anni in dieci anni, e tutta questa nuova generazione di maestri fa sì che il tango si evoluzioni. In verità l’evoluzione è in corso da molto tempo e oggigiorno è solo più evidente, ma si può dire che sia cominciata negli anni ottanta, quando Gustavo iniziò a investigare in questa direzione. Io non ho fatto altro che seguire quel cammino, seguire quegli insegnamenti e cercare di sentirmi libero ballando con tutto quello che i miei maestri mi hanno dato. L’unica cosa che però, non che vi sia contrario, ma che a volte non condivido, è il fatto che molti ad esempio iniziano a ballare il tango oggi o hanno iniziato quattro anni fa, e che hanno perso o si perdono la grande storia che il tango ha come danza. Ad esempio io fatto un’evoluzione o faccio una evoluzione del tango partendo però dalla conoscenza del tango reale, non è che ho imparato due colgadas e due volcadas e poi sono andato a ballare il tango, voglio dire che le volcadas e le colgadas è vero che le abbiamo create noi, ma sono state giustamente il risultato di una ricerca profondissima, che fa parte della nostra necessità di creazione costante in questa danza, cioè non siamo andati semplicemente a ballare ma c’è tutto uno studio, un metodo, c’è un lavoro molto profondo ed intenso dietro a ciò che oggi si può vedere. E’ per questo che io posso capire che mi vedono come uno dei referenti di ciò che va di moda come ‘tango nuevo’, anche se devo dire a proposito che io ballo da tanto ed ogni volta che vado a ballare penso che sto ballando il tango, nuovo o vecchio che sia, per me non c’è differenza, credo sia solo una questione commerciale, poiché il tango è sempre nuovo e sempre lo sarà, poiché ogni due anni, ogni tre, ogni cinque, il tango cambia e si evoluziona e sarà sempre nuovo, e sinceramente spero che continui ad essere nuovo, la prossima generazione presenterà cose ancora più strane e più libere, ed è proprio questo il cammino che noi come maestri, Gustavo, Fabián, io, e immagino anche Sebastian o Damian, vogliamo che si segua, vale a dire il cammino della libertà di questo ballo, ma senza perderne l’essenza. Ritengo anche che in tutto questo tango moderno che va di moda si perda un po’ l’essenza, e questo mi rende a volte un po’ triste, perché è un mondo incredibilmente ricco, riguardo alla musica, alla connessione con chi si balla, alla connessione con gli altri ballerini in pista, l’ambiente: per me una milonga è un evento culturale molto importante, per cui mi rende triste che si perdano, non tanto i codici, perché concordo sul fatto che i codici sono cambiati, è ovvio, siamo nel 2007 ed i codici non possono più essere gli stessi degli anni ’50, però mi piacerebbe che ci fosse un po’ più di rispetto verso questo ballo. C’è chi impara a ballare in un mese e già balla, e già insegna e fa le esibizioni o fa delle dimostrazioni o lavora in uno spettacolo o in una casa di tango. Io, ad esempio, quando ho imparato a ballare, per sette mesi andavo all’Almagro, una milonga a Buenos Aires che ha chiuso circa sette anni fa, la domenica solamente, e per quei sette mesi restavo seduto a guardare la gente ballare perché non mi sentivo né avevo il coraggio di entrare in pista e ballare e condividere quello che mi appariva come una sfera di energia che tutti ballavano ed io non potevo entrare in quel cerchio, non mi permettevo perché non mi sentivo ancora preparato. Oggi chiunque impari una volcada e una sacada già balla tango e così si perde il vuoto senz’anima, e per me è come se non fosse tango. Io posso ballare il tango nuevo o tango evoluzionato, per così dire, però partendo da una radice o una base che è il tango stesso. Questa è la mia opinione.
Susy:
Che differenza trovi fra il tango in Argentina ed il tango in Europa?
Chicho:
Mi chiedono spesso qual è la differenza fra il tango in Argentina e il tango in Europa. Io non dirò che trovo una differenza, perché se mi metto a contare le differenze sono tantissime, perché stiamo parlando di una cultura completamente diversa. Io non posso paragonare il tango in Germania col tango in Argentina, non posso paragonare il tango in Norvegia col tango in Argentina. Lo posso paragonare invece con l’Italia, ad esempio, perché in Argentina siamo tutti italiani! Posso dire chein Italia c’è un’anima tanguera un po’ più profonda che in qualsiasi altra parte d’Europa, questo lo posso affermare. Ad esempio, se io entro in una milonga in Italia, sento che sto entrando in una ‘milonga’, c’è come un ambiente di milonga, mentre in altre parti c’è un po’ un’aria da ballo sociale, è una cosa un po’ più effimera, un po’ più fredda, non c’è tanta produzione, non c’è quella cosa dell’uomo e della donna; si va a ballare, si fanno alcuni passi, ci si diverte, e poi magari si beve qualcosa. Il tango è una cosa molto più profonda, è un’avvicinamento profondo fra un uomo e una donna che non si conoscono o che si conoscono, è un momento forte che passa nella persona. Non posso comparare, né voglio giudicare, le culture. Cioè, non posso dire che in Norvegia o Germania o Danimarca o Slovenia non ballano tango. Ballano tango, ci sono anche persone che lo ballano molto bene, però credo che abbiano ancora bisogno di un po’di tempo per incontrare l’anima del tango, e non la incontreranno pensando che l’anima del tango sta a Buenos Aires, cioè il tango a Buenos Aires ha la sua anima, ma secondo me ogni paese, ogni cultura ha la sua propria anima: un norvegese dovrebbe cercare il tango, il suo tango norvegese, nella sua cultura, in Norvegia, così come un tedesco, uno spagnolo, cioè ognuno deve trovare il suo tango nella propria cultura. Il tango ha a che vedere con una questione molto profonda di emozioni, per cui noi in Argentina siamo in un terzo mondo, e passare all’Europa, in un primo mondo, dove le persone sono soffocate da altri interessi legati al lavoro, alla cibernetica e tutto il resto, e non sono rustiche come a Buenos Aires, ecco questo non consente loro di vivere veramente le proprie emozioni. Secondo me riuscire a vivere le proprie emozioni in qualsiasi paese del mondo significa entrare un po’ nel tango di ciascuno. Se si riesce a fare questo, a poter entrare dentro se stessi, allora si può trovare un tango veramente profondo, senza cercare nel movimento, i passi, ma trovare sul serio la profondità emozionale che ciascuno sente con la propria cultura. Io credo che si tratti solo di questo.

Lettera aperta di Pedro Teté Rusconi - 2006

Lettera aperta di Pedro Teté Rusconi:

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Aprendamos a bailar el Tango

“Hoy 9 de enero del 2006 quisiera pasar a pedirles algo con el cariño y respeto que siento por todos ustedes. Esto no es un reproche para nadie, yo lo que quiero es que toda la juventud y todo aquel que baila tango entienda mi motivo: No hay que disfrazar al tango bajo ningún punto de vista, porque esta música tan apasionante nos da vida, energía, placer y así nos sentimos mejor. Después de muchos años de ver bailarines y maestros, pienso que no puede haber tantos errores en la enseñanza ni en las exhibiciones.

Paso a contarles cual es mi idea. Siempre supe que la música es la base principal del tango. También es aprender a caminar con ella, teniendo equilibrio y cadencia. No podría decirles que no hay una técnica cuando se baila, pero sí que sería mejor que se enseñara a bailar más libremente, para uno mismo… ahí esta la diversión. Nadie nos compromete mirándonos, porque bailamos para nosotros.

En esto que digo pienso que muchos están disfrazando al tango de algo que no es verdad, porque el tango es música y no se empieza por los pasos, ni tenemos que cometer el error de no enseñar cómo caminar diferentes compases musicales para reconocer cada orquesta. Mucha gente que esta enseñando tendría que aprender primero a bailar tango, para poder enseñar dando todo de sí mismo, para no defraudar a sus alumnos ni dañar su imagen como profesor.

El tango no es un negocio, aunque muchos lo vean así. El tango es parte de nuestra vida, parte de nuestros abuelos, padres, madres, hermanos y amigos. Es nuestra vida. No deberíamos equivocarnos tanto y tendríamos que volver a conquistarlo, ya que lo estamos perdiendo por no respetarlo.

Queridos amigos, bailarinas y bailarines, como esto que hacen es un trabajo más en la vida de uno, por respeto a ustedes mismos, en sus exhibiciones seria bueno que bailaran más tango y menos acrobacia, ballet o cualquier cosa que no sea tango.

No quiero creer que también con las exhibiciones compiten; sabemos que cada pareja debería crear su estilo, y además no se debería bailar música que no es tango. En eso no se mientan a ustedes mismos ni a la gente.

Y para la comunidad tanguera de Europa y del resto del mundo les doy un consejo: me gustaría que abrieran los ojos acerca de cómo aprender a bailar, principalmente a los organizadores de stages y a los profesores, de todo corazón, quiero que sepan que, cuando se organiza algo, se trata de llevar los mejores bailarines y maestros, para poder enseñar como es debido.

Sin la música, la cadencia, la postura, el equilibrio, de nada sirven los pasos y para eso necesitamos maestros y profesores auténticos.

Así que bueno desde el fondo de mi corazón, con un poco de tristeza, me gustaría que ustedes lo piensen y si hay algo para decirme me gustaría que lo hagan ya sea por medio de revista o por donde sea, si quieren quejarse háblenme, yo voy al baile, me ven me dicen me preguntan y yo contesto, les voy a contestar a todos, no tengan miedo, que no voy a dejar a nadie sin contestar, pero por favor cambien el sistema, pongan un sistema donde todos seamos alegres, donde podamos bailar el tango, donde seamos felices y donde podamos tener mucha mas gente, sin venderle ninguna mentira más, yo desde ya les mando un beso y un abrazo a todos ustedes y espero que este año que ha empezado sea el más feliz para todos.

Gracias, Teté.
PD: Mi único temor, es que sigan equivocados; que lástima…perdón.“

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(Video: Cortesía de laisladigital)
(FONTE: http://www.malena-tango.com/2010/01/07/adios-a-tete-rusconi/ )

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Traduzione a cura di Nicola De Concilio

Aprendamos a bailar el Tango
“ Oggi 9 gennaio 2006 vorrei chiedervi qualcosa con la cortesia ed il rispetto che sento per tutti voi. Questo non è un rimprovero per nessuno, ciò che desidero è che tutta la gioventù e tutti coloro che ballano tango intendano le mie ragioni : Non si deve camuffare il tango da nessun punto di vista, poiché questa musica così appassionante ci dà vita, energia, piacere, al punto di farci sentire meglio.
Dopo aver trascorso molti anni ad osservare ballerini e maestri, penso non sia giusto il ripetersi di tanti errori nell’insegnamento così come nelle esibizioni.
La mia idea è la seguente: da sempre so che è la musica la base principale del tango. Così come è basilare apprendere a camminare con essa, seguendo il ritmo, la cadenza. Non posso negare che vi sia una tecnica quando si balla, però sarebbe preferibile che si insegnasse a ballare più liberamente, a ballare per se stessi. Qui sta il divertimento... Nessuno avrà il potere di condizionarci osservandoci, se siamo consapevoli che stiamo ballando per noi stessi.
Sulla base di quanto asserisco, ritengo che molti stiano camuffando il tango con qualcosa che non corrisponde alla verità, poiché il tango è musica e non inizia con i passi, né dobbiamo commettere l’errore di non insegnare come camminare differenti ritmi musicali, al fine di poter riconoscere ogni orchestra.
Molta gente che sta insegnando dovrebbe, prima di tutto, apprendere a ballare il tango, per poter insegnare e dare tutto di se stessa, per non defraudare i propri allievi e compromettere la propria immagine di insegnante.
Il tango non è un affare, anche se molti lo vedono in questa ottica. Il tango è parte della nostra vita, parte dei nostri nonni, padri, madri, fratelli, amici. E’ la nostra vita. Non dovremmo seguitare a confonderci così tanto, dovremmo ritornare a riconquistarlo, considerando che stiamo rischiando di perderlo per non averlo rispettato
Cari amici, ballerine e ballerini, poiché ciò che state facendo rappresenta uno sforzo in più nella vita di ciascuno di voi, per rispetto di voi stessi, nelle vostre esibizioni sarebbe opportuno ballaste più tango e meno acrobazie, ballet o altro che non sia tango.
Non voglio pensare che persino con le esibizioni pensiate di dover competere; sappiamo che ogni coppia dovrebbe creare il proprio stile, inoltre non si dovrebbe ballare musica che non sia tango. In ciò chiedo che non mentano a se stessi e alla gente.
Alla comunità tanguera d’Europa e del resto del mondo, do un consiglio : mi piacerebbe che aprissero gli occhi su come apprendere a ballare, mi rivolgo principalmente agli organizzatori degli stages e ai professori, lo dico con il cuore, desidero che sappiano che quando si organizza un evento, se si vuole insegnare in maniera consona, è necessario invitare i migliori ballerini e maestri.
Senza la musica, la cadenza, la postura, l’equilibrio, a niente servono i passi e per questo abbiamo necessità di maestri e professori autentici.
Così che, dal fondo del mio cuore, con un po’ di tristezza, vorrei rifletteste su ciò e se aveste qualcosa da dirmi o lamentare potrete farlo a mezzo rivista o in qualunque altro modo, anche di persona, io frequento le milonghe e quando mi si incontrerà mi si interpelli, io risponderò , risponderò a tutti, non abbiate timore, non lascerò alcuno senza risposta, però, per favore, si cambi sistema, si determini un sistema nel quale tutti possiamo sentirci allegri, dove possiamo ballare il tango, dove possiamo sentirci felici e dove si possa vedere molta più gente, senza necessità di vendere ad essa nessuna bugia in più.
Mando a tutti un bacio e un abbraccio e spero che questo nuovo anno che è appena iniziato sia il più felice per tutti
Grazie
Tete

(FONTE: http://nicolayeltango.blogspot.com/2010/01/adios-tete-rusconi-nos-dejo-un-gran.html )

Psico Tango - MOVIMENTO Molto più di una semplice danza: coinvolge corpo e mente

Fonte:
http://dweb.repubblica.it/dweb/2008/05/03/bellezza/forma/260tan596260.html
)

Psico Tango

MOVIMENTO Molto più di una semplice danza: coinvolge corpo e mente

di Paola Magni
Foto di Peter Hannert/Stone/Getty

Un training psicofisico che coinvolge e integra tre livelli d'esperienza: corpo-emozioni-mente. È il tango argentino che, alla stregua di un'arte marziale, abbina un allenamento psicomotorio completo alla crescita personale. Elegante e sensuale, il passo base del tango resta comunque un normale passo di camminata. La parola d'ordine qui è improvvisazione: al posto di sequenze predefinite, è il guidare e il lasciarsi guidare che crea dialogo tra i ballerini. Poche semplici regole segnano i limiti dell'improvvisazione: l'uomo, attraverso un linguaggio puramente corporeo, chiede alla propria partner di spostarsi. "A differenza di altre danze a due codificate in passi e in figure fisse", spiega Mila Morandi, antropologa e counsellor in artiterapie, "il tango argentino è una danza di coppia che a partire da una "grammatica" appresa e condivisa consente ai corpi di dialogare improvvisando nella musica. Funziona come una sorta di codice di comunicazione non verbale che si presta a divenire metafora della relazione con se stessi e con l'altro, portando a sperimentare la relazione con il proprio equilibrio e la capacità di ascolto". Le basi di questa grammatica sono gli elementi tecnici del tango, i suoi vincoli posturali, fattori che permettono di esplorare l'equilibrio e le sue possibili alterazioni, il radicamento e l'instabilità, la vicinanza e la distanza, il contatto e il distacco, la fluidità e la rigidità. Di tango ed equilibrio si è occupato uno studio americano della Washington University in St. Louis recentemente pubblicato sul Journal of Neurologic Physical Therapy. Diciannove persone affette da morbo di Parkinson, sottoposte a lezioni di tango, hanno mostrato miglioramenti significativi sull'agilità e in particolare sull'equilibrio. "Le basi del tango argentino", prosegue Morandi, "prevedono un costante lavoro a due livelli: con se stessi e il proprio equilibrio e con l'altro mediante l'abbraccio e il sentire-guidare. A essere coinvolto è l'intero tono muscolare. Dovendo garantire costantemente l'equilibrio, la ricerca dell'asse corporeo e del baricentro, è richiesta l'attivazione tonica dei muscoli del gruppo addominale, lombare, dorsale e la muscolatura degli arti inferiori. Questo lavoro selettivo sulla tonicità rimodella la postura e la forma fisica". "Il concetto generale del tango è sensibilizzare i sensi", aggiunge Mauro Barreras, coreografo, maestro e ballerino di tango. "L'orecchio con la musica, il tatto con l'abbraccio, gli occhi mediante l'osservazione e la percezione dello spazio. L'abitudine a questa forma di attenzione porta all'acquisizione di una maggiore presenza mentale anche nella vita di tutti i giorni". Ma il tango è anche camminare elegantemente abbracciati. Servono mesi di lavoro perché l'abbraccio diventi uno strumento fluido di comunicazione tra i corpi. "L'abbraccio è la dimensione centrale del tango argentino e ciò che lo distingue da tutti gli altri balli", conclude Morandi. "È attraverso l'abbraccio che tecnicamente viene trasmessa l'indicazione sulla direzione, sulle figure, sul ritmo. Con l'abbraccio il partner guida nella danza la compagna, e attraverso di esso lei sente, legge e reinterpreta la storia che lui, improvvisando nella musica, sta raccontando. L'abbraccio del tango argentino con la sua forma circolare chiude un cerchio, costruisce un fluire ininterrotto di energia tra uomo e donna che li rende un'unica unità, un corpo solo che armoniosamente intreccia storie e disegna magiche geometrie musicali".

Bandoneon Tango y la Herencia de Piazzolla

Documentario su Astor Piazzolla:
1.
http://www.youtube.com/watch?v=n-3aG_5KHBw
2.
http://www.youtube.com/watch?v=wtFsh9nk2VA
3.
http://www.youtube.com/watch?v=BzCQd0oIG1U
4.
http://www.youtube.com/watch?v=sCLJVn7HBGk
5.
http://www.youtube.com/watch?v=_hrg7EcsXHM

Homenaje a Antonio Todaro - Antonio Todaro & Milena Plebs - 01

Da uno dei grandi maestri del Tango argentino,Antonio Todaro, le differenze tra gli stili Tango Salon, T. Fantasia, T. Doble Frente:
http://www.youtube.com/watch?v=pe7qOnmqOxM

Bandoneon - History of the Tango- Lyrics

Documentario sulla nascita e sviluppo della MELODIA e dei VERSI nel tango, attraverso i Payadores ed, in seguito, attraverso i cantori:
1.
http://www.youtube.com/watch?v=lnxs_iKiXw4
2.
http://www.youtube.com/watch?v=80VQgl5T_80
3.
http://www.youtube.com/watch?v=gZxEa6TiG84
4.
http://www.youtube.com/watch?v=_zXukcSrmqc
5.
http://www.youtube.com/watch?v=_Glpuy2OeOM

Bandoneon Tango Dance - Beginning

Documentario interessante con interviste, spezzoni di filmati d'epoca sul tango argentino dalle origini nei bordelli, nelle strade dei quartieri, al suo sdoganamento presso le classi piu' agiate:
1.
http://www.youtube.com/watch?v=0D1-GM7yW8o&feature=PlayList&p=2C16DCA217C83632&index=0
2.
http://www.youtube.com/watch?v=N5dKijUtuUw&feature=PlayList&p=2C16DCA217C83632&index=1
3.
http://www.youtube.com/watch?v=AsDx9UOYr24&feature=PlayList&p=2C16DCA217C83632&index=2

Interviste a La Confiteria Ideal - 01

Interviste tratte da "LA CONFITERIA IDEAL: THE TANGO SALON", un documentario della BBC del 2005:

1. Puppy Castello: Tango Salon del '40
http://www.youtube.com/watch?v=y5CmBLdEY9A&feature=related

2.Gerardo Portalea: Tango Salon del '40
http://www.youtube.com/watch?v=690ADio_iBk&feature=channel

3.Mariano Chicho Frumboli: Tango Nuevo
http://www.youtube.com/watch?v=T5_RnRny8kI&feature=related

La Boca: nostalgia di Genova a Buenos Aires.

La Boca: nostalgia di Genova a Buenos Aires.
Cosí scriveva, nel 1930, de Souza Reilly a proposito della Boca, il quartiere "genovese" di Buenos Aires: Non appena giungiate alla Boca del Riachuelo, i vostri cinque sensi vi grideranno all'orecchio come un capostazione: "Genova! [...] Le parole, gli odori, i sapori, insomma tutto vi produrrà l'impressione pittorica, panoramica, superficiale di trovarvi a Genova. Una manciata di casette variopinte, il porticciolo gremito di imbarcazioni, la parlata genovese che risuonava nelle strade--e ovunque il profumo inconfondibile della farinata e della focaccia calda... [...]
http://www.liguri.net/lepietremare/boca.htm

I PILASTRI DEL TANGO

Si può dire che i diversi stili di tango
derivano da tre luoghi distinti e che i movimenti del tango traggono la
loro personalità e si impregnano di ciascun ambiente. Personalità e
spirito sono ciò che viene chiamato "stile", stile che può esprimersi
in mille modi. Tali differenze costituiscono allo stesso tempo la
ricchezza del tango e d il suo argomento tipico di controversia.

Ma in termini di sviluppo, i tre pilastri del tango sono questi :

Il tango è nato nei sobborghi, si è diffuso attraverso il teatro si è stilizzato nelle sale da ballo...
http://www.pascaleyluis.com/I-pilastri-del-tango

Maria Plazaola racconta Gavito - Seconda parte

Maria Plazaola racconta Gavito - Seconda parte

(continua da Maria Plazaola racconta Gavito - Prima parte)

Che cosa ha cambiato in te?
Mi ha cambiato la maniera di appoggiare il peso a terra, ogni movimento. Gavito aveva sviluppato una tecnica femminile, la più precisa, penso, che esista per la donna. Mi sento fortunata, perché l’ho incontrato in un momento di evoluzione della sua tecnica, e mi ha modellata secondo questi concetti, li ha messi in pratica. Questo era un aspetto bellissimo di Gavito: era sempre in costante evoluzione. Non si è mai fermato, non ha mai smesso di studiare, di creare, mai! Nemmeno quando era alla fine della sua vita.

Com’era una giornata di lezione con Gavito?
Molto mate e musica… La musica era la cosa più importante. Metteva un tango di un autore che gli piaceva –Angel Vargas, Di Sarli – una musica che lo ispirasse e cominciava a fare dei movimenti con i piedi che gli piacevano. Era come se costruisse la sequenza iniziando dal movimento della donna, che faceva meglio di me, meglio di qualsiasi donna. Dopo me lo faceva provare e creava qualcosa per lui, che accompagnasse questo movimento, per seguire la bellezza della donna nella musica; con l’idea che: “l’uomo è la colonna e la donna la decorazione e la sua bellezza”. Era così una giornata di prove con Gavito nel suo studio. Poi dipendeva se dovevamo preparare una coreografia o ballare improvvisati; ma ancor più che nelle prove, ho imparato a ballare con Gavito seguendo le sue lezioni, come compagna, anche se non ero ancora pronta. Ho capito poco a poco quello che voleva da me e ancora di più ho capito e imparato ballando con lui in milonga. Abbiamo ballato tanto in quel periodo. Proprio in milonga, ballando nella pista in mezzo alla gente, Gavito ha creato tutti quei movimenti che caratterizzano l’ultimo periodo del suo ballo, che lui tanto amava: la palita, il sandwichito e tante altre cose che non avevano più a che fare con il palco, ma con la milonga e con la coppia nello spazio e nella musica. Quando l’ho conosciuto nel 2002 Gavito viveva un conflitto tra il ballo da spettacolo per il palco e il ballo per la milonga, era in un momento di transizione, penso. Gavito è sempre stato un milonguero, ma in quel momento stava lasciando la coreografia per arrivare poco a poco alla completa improvvisazione.

Secondo te cosa caratterizza il ballo di Gavito? Che cosa lo rende così diverso? Perché è così speciale?
L’intensità con la quale ballava, con la quale viveva, che era la stessa.
Questa intensità si rifletteva nell’abbraccio, nel ballo, nella pausa, nella tensione tra uomo e donna – l’emozione. Senza questa emozione sarebbe stato impossibile sostenere quel ballo senza passi, quelle pause. Senza emozione si sarebbero dovuti fare movimenti, figure.
Invece per mantenere l’attenzione della gente che guardava, Gavito usava l’emozione. Nel tango si doveva mettere qualcosa in più come diceva lui: “il cuore, l’anima” non il movimento.

È difficile spiegare chi era Gavito, il suo pensiero sul tango. Nel manuale che abbiamo pubblicato ci sono le frasi che appartenevano a lui. Ci piacerebbe parlare di quello che intendeva con queste frasi, dietro le quali si nascondono concetti profondi, la prima è: “el tango está entre paso y paso”. Che significato ha per te?
Per me ha significato capire, che è necessario dare valore alle piccole cose che stanno in mezzo al movimento. Quando prima dicevo che mi ha cambiato la maniera di pisare (pestare, calpestare il pavimento: camminare) – chiaramente io sapevo fare l’otto indietro, l’incrocio – Ma non così! dando valore ad ogni piccola parte del corpo che si muove. Per me questa frase è una dichiarazione di principio di che cosa è il tango, e nello stesso tempo è una polemica che in qualche modo Gavito stava facendo verso un altro tipo di pensiero. Gavito stava avvalorando l’idea che il tango non è la figura, la sacada, il gancho, non è la volcada... il tango non è niente di tutto questo. Stava discutendo anche con se stesso, con il suo passato di palcoscenico, e questa frase è una sintesi cui è arrivato dopo anni. Gavito voleva dire che il tango sta tra un passo e l’altro, che il tango non è il passo; l’importanza e l’enfasi non stanno nel movimento, ma piuttosto quando non fai niente: “quando non fai niente e stai ballando tango”. C’era talmente tanta intensità nel suo ballo che poteva sostenerlo anche senza passi. In classe esprimeva sempre questo concetto e poi diceva: «adesso vi faccio un tango senza passi». Sembrava che avrebbe fatto una cosa, ma non la definiva. Tornava indietro e continuava a giocare sugli stessi elementi. Faceva due passi, un otto e un incrocio e già questo era un tango: era il modo, non i passi. È difficile spiegarlo così. Guardando Gavito ballare era così chiaro quello che voleva dire. Il tango sta fra un passo e l’altro è parte di concetti di sintesi che ha elaborato dopo tanti anni di esperienza, durante i quali ha cambiato la sua visione delle cose, cui ha continuato a lavorare. Penso che volesse dire che nessuno ha bisogno di fare tante cose, che si incontra il tango quando ci si innamora, quando si ha il piacere di abbracciare una donna e di goderne, quando è un sentimento, un’emozione a guidare il nostro ballo.

Mi ricordo che a scuola si arrabbiava moltissimo perchè la gente si preoccupava di imparare i passi e le sequenze, diceva sempre: « qui non si imparano i passi, se volete imparare i passi andate in un’altra scuola, qui si impara il tango! Ma quasi nessuno capiva vero?
Si, era difficile. Anche Gavito diceva sempre che per capire il significato del “tango tra un passo e l’altro”, ci volevano tanti anni, tutta una vita forse.

Perché detestava l’idea di sequenza e preferiva parlare di possibilità, soluzioni, improvvisazione? La situazione che Gavito cercava era quella legata alla milonga, alla pista, dove non esiste il passo, esiste la situazione. Non esiste decidere di fare una sequenza e pensare: ora inizio così e finisco cosà. È la situazione, la musica e la ballerina che determinano il movimento da fare. Lì sta il tango, lì si vede il ballerino: nel ballo improvvisato in pista.

Intervista a cura di Marianna Menzione
Tratta da Tangomagazine – Novembre 2006

Maria Plazaola racconta Gavito - Prima parte

Maria Plazaola racconta Gavito - Prima parte

Come vi siete conosciuti? Come ti ha invitato a ballare?
Ho conosciuto Gavito al Beso, nel novembre del 2001.
Gavito non stava mai a Buenos Aires, era sempre in giro con i Forever Tango, così io non sapevo chi fosse, sapevo che esisteva Gavito, ma non l’avevo mai incontrato.

Quella sera al Beso mi ha invitata, era seduto al tavolo dove generalmente si siedono i ballerini bravi, così ho accettato il suo cabezeo. Abbiamo iniziato a ballare ed è stata una sorpresa, mi ha fatto entrare subito in un’altra dimensione musicale, non capivo cosa stesse facendo
ma, in quel periodo, io ero come annoiata del ballo, conoscevo quasi tutti i ballerini e ballavo sempre con le stesse persone…
Con Gavito era tutto diverso, tutto era nuovo, un linguaggio nuovo per il mio corpo. Non mi rendevo conto di quello che facesse, mi domandavo: che cosa sta facendo? Cammina da questo lato? Mi faceva girare in calesita, prima su una gamba, poi su un’altra, era tutto così diverso… Quando abbiamo smesso di ballare mi sentivo tremare. Questo è stato il primo incontro. Poi è partito e non l’ho più visto. Solo dopo mi hanno detto che avevo ballato con Gavito, per questo era così speciale: con il suo abbraccio intenso – tutti al Beso ballano abbracciati –
il suo abbraccio però era tanto profondo che anche il mio lo diventava, il mio braccio sinistro sembrava quasi avanzare rispetto al mio corpo e proseguire sul suo.
Nel marzo del 2002, l’ho incontrato di nuovo al Beso. Mi ha invitata di nuovo a ballare. Non ballava con nessuna quella sera – e stava invitando a ballare me! – Ero tutta nervosa perché ora sapevo chi era. Abbiamo ballato due tanghi e poi mi ha chiesto se potevo andare al Sunderland il sabato sera. Mi sono detta: al Sunderland il sabato sera? Mi sta invitando a uscire? Gli ho risposto: « No… ho un fidanzato » e lui « ma no, vieni, mi piace ballare con te, lì c’è la musica giusta, c’è spazio per ballare, si va in gruppo… ». Conoscevo il Sunderland, è frequentato soprattutto da coppie; diceva che voleva andare lì perché si poteva ballare di più… In realtà era tutta un’astuzia, perché sapeva che stava tornando al Sunderland dopo tanto tempo e sicuramente gli avrebbero chiesto di ballare un tango, aveva pianificato tutto perché ballassi con lui davanti a tutti.
Non sapevo cosa fare. Alla fine sono andata con un’amica e ci siamo sedute al suo tavolo, dove c’era molta gente. Quando hanno chiesto a Gavito di ballare mi ha detto: « Facciamo un tango insieme? » gli ho risposto: « No!!! sei matto? » E lui: « Stai tranquilla, ma non incrociare al cinque! L’unica cosa che devi fare è non incrociare al cinque » « che vuoi dire? Non incrociare al cinque? » Gavito: « Tu aspetta, non avere fretta e non incrociare al cinque!».
È partita la musica: El ingeniero, di Carlos Di Sarli... È stato bellissimo. Non mi ricordo cosa ho fatto, non sapevo fare niente di quello che faceva Gavito, solo dopo ho imparato a ballare con lui, ma in quel momento era tutto nuovo... Mi ricordo solo dell’incrocio: mi ha fatto fare tutti gli incroci piano, è stato bellissimo.
Quando è finito il tango, mi ha preso da parte e mi detto che Marcela, la sua ballerina, era incinta e stava cercando un’altra compagna. Marcela avrebbe continuato a lavorare negli spettacoli dei Forever Tango ma non avrebbe potuto accompagnarlo in nessun’altra occasione: stage, esibizioni. Io dicevo che era matto, non gli credevo. Sapevo che Gavito era un seduttore, mi sembrava un corteggiamento e poi non credevo possibile che volesse proprio me come ballerina. Non ero nessuno in quel momento, c’erano tante ballerine brave che potevano ballare
con lui, non capivo perché stesse scegliendo proprio me, ma mi disse che non voleva una ballerina già formata, voleva “farla lui”. Inoltre diceva che avevo una cosa che non si poteva insegnare: la sensualità, la femminilità: per questo mi sceglieva. Io non mi sentivo così. Gavito, nel tempo, mi ha fatto scoprire questa parte di me. Continuavo a pensare che mi stesse corteggiando. Poi ho indagato, ho chiesto in giro e ho scoperto che era vero che stava cercando una nuova compagna, aveva già fatto altre prove a sorpresa ad altre ballerine, a suo modo stava facendo un “casting” e il ballo al Sunderland era stata la mia audizione!
Pochi giorni dopo abbiamo fatto un primo incontro nel Beso, una lezione, un ensajo, dove in un’ora mi ha fatto vedere tutto: l’otto indietro, l’otto in avanti, il boleo, l’incrocio… Tante cose. Impazzivo. Era troppo difficile per me: tutto quello che aveva elaborato per la tecnica femminile me l’ha fatto fare in un ora! Ho dovuto imparare tutto di nuovo, pensavo di saperle fare queste cose, ma no… non le sapevo fare, tutta la tecnica era diversa, con la caratteristica di dare valore ad ogni dettaglio.

Intervista a cura di Marianna Menzione
Tratta da
Tangomagazine – Novembre 2006